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Intervista a Fernando Tejero a Zaragoza su El cautivo di Amenábar e sull’addio a La que se avecina

Fernando Tejero (Córdoba, 1965) ha fatto tappa a Zaragoza per il ciclo La Buena Estrella: ha presentato il suo lavoro in El cautivo, il film di Alejandro Amenábar sulla vita di Miguel de Cervantes, e ha svelato le chiavi del frate Juan Blanco de Paz. L’attore ha parlato di omofobia, del peso dei ruoli televisivi come Aquí no hay quien viva e La que se avecina, e dei suoi prossimi progetti per cinema e serie.

Intervista a Fernando Tejero a Zaragoza su El cautivo di Amenábar e sull'addio a La que se avecina

Visita a Zaragoza e contesto

Nell’incontro di La Buena Estrella, Fernando Tejero ha approfondito l’approccio al suo personaggio in El cautivo, pellicola che rilegge episodi chiave dell’esperienza algerina di Miguel de Cervantes. Di conseguenza, l’attore ha collocato il ruolo di Juan Blanco de Paz nel quadro storico dell’Inquisizione e della prigionia ad Algeri, evidenziando il lavoro corale guidato da Alejandro Amenábar.

Chi è Juan Blanco de Paz

Interrogato sulla natura del personaggio, Tejero lo definisce un sopravvissuto più che un cattivo e richiama i pochi dati storici disponibili, dalla provenienza a Montemolín all’appartenenza ai Domenicani.

«Juan Blanco de Paz più che un cattivo è un sopravvissuto. È un personaggio realmente esistito, solo che ci sono pochi dati: si sa che era di Montemolín, in Estremadura, che appartenne all’Ordine dei Domenicani, che rese la vita impossibile a Cervantes e che lo tradì. Con questi pochi elementi abbiamo dovuto costruire il personaggio. Rappresenta l’Inquisizione ed è un personaggio omofobo e omosessuale, che io credo sia tra le cose peggiori che si possano essere. Quando arriva alla prigione di Algeri, si imbatte in Cervantes, un narratore di storie, che inizia a raccontare ai compagni e finisce per affascinare anche il pascià.»

Un ruolo complesso e catartico

Tejero spiega come l’interpretazione abbia incrociato la sua storia personale e come abbia lavorato un sentimento di amore-odio verso Cervantes per non ridurre il frate a un semplice antagonista.

«Per me è stato un lavoro catartico, perché a volte l’interpretazione ti dà la possibilità di fare dei travasi con la tua vita. Ho sofferto omofobia e bullismo nell’infanzia e sono temi che ho elaborato da molti anni; però, se non mi fossi affidato a un professionista, dato che sentivo di aver subito un danno, avrei fatto ciò che fa questo personaggio, ovvero far del male. Quando hai un trauma risolto e capita che il personaggio su cui lavori sia passato per qualcosa di simile, ti serve come catarsi. Così ho lavorato un amore-odio verso Cervantes dal punto di vista di essere innamorato di lui. Non potevo interpretare un cattivo, dovevo voler bene al personaggio, a un uomo che non si accetta e che sente di aver ricevuto una ferita, per cui ripete lo schema. Inoltre, adesso tutto ciò che arriva di mano in mano con personaggi che mostrano il dolore del bullismo è benvenuto. Siamo in un momento terrificante per una mancanza di educazione adeguata, con quello che è successo con la bambina di Siviglia, per esempio.»

Reazioni del pubblico e omofobia

Prima dell’uscita, lo stesso Alejandro Amenábar aveva previsto che il film avrebbe misurato il clima sociale rispetto all’omofobia. Tejero riprende quell’idea con una battuta che fotografa il dibattito suscitato.

«Amenábar disse, prima che uscisse il film, che sarebbe stato un termometro per misurare l’omofobia presente nella società e il termometro è esploso.»

L’attore insiste sull’importanza di parlare apertamente per le nuove generazioni e sottolinea come il regista abbia cercato di umanizzare Cervantes, al di là delle polemiche sull’orientamento.

«Penso alle persone che vengono dopo di noi e, se con le mie interviste posso evitare che un giovane soffra, continuerò a parlare fino alla sazietà. Prima dell’uscita del film, Amenábar disse che sarebbe stato un termometro per misurare l’omofobia presente nella società e il termometro è esploso prima ancora della prima. Credo che Alejandro abbia umanizzato il personaggio. E ciò che mi porto di positivo è che, grazie a questo film, per due mesi ho sentito parlare di Cervantes. Nei miei 60 anni non ricordo che si sia parlato così tanto di Cervantes come dopo il film. Che tristezza che di quel genio si sia dovuto parlare soprattutto per il motivo se fosse omosessuale o meno.»

Paure di etichettamento e carriera televisiva

Tra i temi ricorrenti, l’ombra dell’etichettamento dopo il grande successo televisivo di Aquí no hay quien viva, dove Tejero interpretò Emilio.

«Prendo ancora i compensi per le repliche e so che oggi sta guardando la serie gente che non era nata quando è andata in onda Aquí no hay quien viva. So quindi che la prima frase del mio necrologio sarà: interpretò il personaggio di Emilio. D’altra parte, pochissimi attori possono dire di avere un personaggio che è già storia della televisione. Ho temuto in qualche momento l’incasellamento, però credo che il peggior incasellamento sia essere disoccupato. Alla fine, fare l’attore è una corsa di fondo e credo che ora El cautivo, almeno, mi servirà perché mi offrano il protagonista drammatico della mia vita.»

L’addio a La que se avecina

Tejero ha annunciato l’uscita definitiva da La que se avecina, spiegando le ragioni artistiche e personali alla base della scelta.

«Non mi è costato. Sono entrato in La que se avecina senza pensare che il personaggio sarebbe diventato così popolare, e invece si è trasformato in uno dei tre pilastri della serie. E io mi sono stancato. Ho scelto questa professione per divertirmi, per cambiare continuamente vita, e sentivo che il personaggio non dava più. Con tutto il rispetto per i funzionari, mi sentivo un po’ come un funzionario. Del personaggio era stato raccontato tutto e non mi dava più piacere interpretarlo. Potevo restare guadagnando moltissimo denaro, ma no, a questo punto mi importa la mia felicità. C’è sempre un po’ di vertigine per vedere che cosa accade, ma l’unica cosa che è successa è che non smettono di offrirmi lavoro. Credo che andarmene da La que se avecina sia una delle migliori decisioni che abbia preso nella mia vita.»

Prossimi lavori tra serie e cinema

L’agenda dell’attore è fitta tra serie in produzione e un film già in preparazione con il regista Salvador Calvo, oltre al teatro.

«Ora sto facendo una serie per Disney che si chiama Olivia, poi ne farò un’altra per Amazon, ma non posso dare molti dettagli, e l’anno prossimo girerò un film con il regista Salvador Calvo (sei la prima persona a cui lo dico). Ho altre cose in ballo, ma ancora non posso parlarne, e teatro. Sto iniziando a dire di no a dei progetti perché, fortunatamente, resto senza date, “Madonnina, che possa restare come sono!”.»

Riepilogo dei punti chiave

A Zaragoza, Fernando Tejero ha delineato il suo Juan Blanco de Paz in El cautivo come un sopravvissuto figlio del suo tempo, costruito su dati storici scarsi e sulla simbologia dell’Inquisizione. Ha spiegato la dimensione catartica del ruolo, intrecciata alla sua esperienza con l’omofobia e al tema del bullismo, e ha raccolto il dibattito acceso attorno alla lettura umana di Miguel de Cervantes proposta da Alejandro Amenábar. Sul fronte televisivo, ha riconosciuto l’eredità di Aquí no hay quien viva e la scelta di chiudere con La que se avecina, puntando su nuove sfide: serie per Disney e Amazon, un film con Salvador Calvo e il ritorno a teatro.