Il majorero Jorge Ávila, 31 anni, originario di Gran Tarajal e residente a Gran Canaria, è diventato virale sui social grazie a sketch con giocatori della prima squadra dell’UD Las Palmas e a serate dal vivo in tutta Fuerteventura, Tenerife, Gran Canaria e Lanzarote. Sta chiudendo la tournée Esto no estaba pensado, con cui ha debuttato dal vivo nella sua isola natale, e punta al salto nella Penisola. Il comico canario alterna monologhi, interazione con il pubblico e contenuti per TikTok e Instagram.

Dalle aule ai palchi
Nato a Gran Tarajal, oggi vive a Gran Canaria. A 18 anni partì per studiare Ingegneria Meccanica, ma a metà del quarto anno tornò a Fuerteventura: «Non era cosa per me. Sono tornato e ho lavorato per tre anni», racconta. Riprovò a completare gli studi nella capitale insulare, ma lasciò di nuovo: «Mi misi a lavorare in ciò che capitava. Da idraulico, perché mio padre lo è e qualcosa sapevo, da fattorino, nelle piantagioni di banane… ed è lì che è arrivata la comicità».
La svolta avvenne quando decise di imporsi un cambio di rotta. «A 27 anni mi dissi che avrei cercato qualcosa per me e vidi che c’era una serata di microfono aperto di comicità per fare cinque o dieci minuti in un locale che si chiamava The Classroom a Las Canteras». Da quel primo set è nata una componente centrale del suo stile: il crowd work, ovvero il contatto diretto con la platea, che per Ávila si basa «nel come si dicono le cose e non in ciò che si dice».
Il boom sui social e il crowd work
La tendenza del crowd work, spinta anche da comici come Jorge Dávila, Galder Varas o David Cepo, è esplosa online e lo ha favorito. «Per farti un’idea di quanto sia andato tutto veloce, prima, per riuscire a riempire un recinto da 500 o 700 persone, dovevi lavorare per anni, creare un buon testo, fare gavetta e fare esperienza. Una cosa logica e normale, ma ora è vero che tutto quel tempo lo salti grazie ai social perché, all’improvviso, la gente arriva».
Sui social molti lo associano solo al dialogo col pubblico, ma lui precisa equilibri e metodo: «Io sono un 60 per cento testo e 40 per cento parlare con la gente, perché credo che questo aiuti a ossigenare molto il testo. Per esempio, se parlo dell’amore, collego l’argomento e faccio varie domande a una persona». Quell’interazione, legata a un luogo e a un momento, diventa qualcosa di «unico» e immediatamente condivisibile senza svelare lo spettacolo. Le critiche al crowd work non lo turbano: «Si tratta solo di un’opinione». E aggiunge: «Alcuni credono che il teatro dovrebbe avere una maggiore esigenza, ma poi guardi Jorge Dávila o Galder Varas e mettono un cartello non so dove e si riempie. La gente vuole quel tipo di show».
Sketch e personaggi
Il filone dei suoi sketch è nato per gioco, grazie alla sorella che gli fece scoprire Instagram: «Mi disse qualcosa di una story, un video che si cancella in 24 ore… Come? Fare il cretino si cancella in 24 ore? Mi piace da impazzire!». Dalle clip di vita quotidiana è passato a micro-scenette: una volta andò a giocare a padel con un amico e, dopo una settimana, lo vide con tutto l’equipaggiamento nuovo. «Dissi: “è il classico del padel”». Da lì sono nati personaggi e situazioni, come «quello gasatissimo che ha corso due giorni e già si crede runner» o chi «ha fatto un paio di lezioni e si sente lottatore di MMA», video che definisce «divertentissimi» e che, inoltre, «hanno un sacco di margine».
Verso la Penisola
Per molti comici dell’Arcipelago, il traguardo è affermarsi nella Penisola. Ávila dice di avere «grandi sogni», «una scusa» per alzarsi dal letto, e sostiene che «se non ci sei riuscito, almeno ci hai provato». Ha già testato il pubblico di Madrid in una piccola sala: «Uno spazio per 60 persone in piena Gran Vía, la sala Soho. È super bella, tipico club di comicità, con divanetti, super ben decorato…». Si esibì nell’ottobre scorso e ci è tornato il mese passato per mettersi alla prova. Pochi lo conoscevano: «Ero abituato alle Canarie e lì la gente va più tranquilla». «È stata un’esperienza da 5,5 o sei, ma, in apprendimento, da lode. Come colpo di scena finale, in terza fila mi si è addormentato un signore».
Riferimenti e stile
Tra i suoi riferimenti cita Manolo Vieira, che guardava ogni fine anno in tv, e, crescendo, comici come Kike Pérez e Omayra Cazorla. Dalla Penisola indica Andreu Buenafuente e Berto Romero, che segue con attenzione, e, «come qualcosa di diverso», Javier Coronas. «Se osservi il mio show, a volte faccio la battuta di essere un po’ tagliente di proposito, Coronas gioca molto su questo e mi piace un sacco».
Date e tappe della tournée
Con lo spettacolo Esto no estaba pensado è stato a Gran Canaria, Tenerife e Lanzarote e, a ottobre, per la prima volta in Fuerteventura, ad Antigua. «Mi piacerebbe essere in tutte le Isole», dice, sottolineando però i limiti organizzativi: «I teatri, le sale e gli auditorium hanno la loro programmazione e non è così facile ottenere uno spazio da un mese all’altro». Fino a gennaio, quando la tournée si chiuderà, ha in calendario il 15 novembre a Tejina, il 21 novembre a Maspalomas, il 28 novembre a La Perdoma, il 19 dicembre a Ingenio e, infine, il 10 gennaio a Lanzarote.
Con una crescita spinta dai social e un mix di monologo, crowd work e sketch, Jorge Ávila consolida il suo nome nelle Isole Canarie: sta completando la tournée Esto no estaba pensado e lavora per portare il suo progetto anche oltre l’Arcipelago, verso la Penisola.




