Il recente annuncio di chiusura temporanea dei sentieri che conducono al Teide da parte del Cabildo di Tenerife ha scatenato discussioni accese, soprattutto all’interno della comunità degli appassionati di montagna. Questa misura, che mira a garantire la sicurezza dei visitatori in seguito a condizioni meteorologiche avverse, è stata criticata da importanti esponenti dell’alpinismo, tra cui Javier Martín-Carbajal, un alpinista di Santa Cruz di Tenerife, che ha messo in dubbio l’approccio adottato dalle autorità locali, definendolo come una strategia di “politica della paura”. Questo articolo esplorerà le diverse opinioni sul tema, analizzando le implicazioni della chiusura per la sicurezza e la cultura dell’alpinismo.
La chiusura del Teide e le reazioni della comunità montana
La decisione di chiudere l’accesso al Teide ha suscitato reazioni contrastanti tra alpinisti e appassionati di montagna. Molti vedono questa mossa come un tentativo delle autorità locali di proteggere i visitatori da potenziali rischi legati al clima. Tuttavia, Martín-Carbajal e altri critici sostengono che tali provvedimenti stiano creando una cultura del timore, piuttosto che una cultura della responsabilità e della consapevolezza. Martín-Carbajal, formatore e tecnico sportivo con anni di esperienza nelle escursioni montane, ha sottolineato l’assurdità di negare l’accesso a chi è pronto ad affrontare i rischi insiti nelle arrampicate.
Il suo profondo legame con la montagna si evince dalle sue parole: “Dopo aver visto il Teide trasformarsi in una sorta di parco a tema, ho deciso di scalare la vetta solo in inverno, quando il teleferico è chiuso, per evadere dalla confusione che regna in cima.” Questa affermazione mette in luce le sue preoccupazioni riguardo alla commercializzazione dell’esperienza alpinistica, che lo ha spinto a ricercare la vera essenza della montagna.
In tal senso, Martín-Carbajal si era già espresso criticando le infrastrutture che rendono i sentieri simili a strade pavimentate, sostituendo così l’avventura con un’esperienza standardizzata e priva di autenticità. Ciò ha portato a una discussione sul significato della sicurezza in un contesto di libertà alpinistica.
Il ruolo dell’amministrazione nella sicurezza alpinistica
Martín-Carbajal non si limita a criticare la chiusura; egli si interroga anche sulle motivazioni e la filosofia sottostante a tali decisioni. Fa riferimento al caso di Juanjo San Sebastián, un alpinista di fama mondiale, a cui è stato negato l’accesso al Teide a causa di condizioni ritenute rischiose. Questa situazione solleva interrogativi sulla capacità delle autorità di riconoscere e rispettare le competenze di esperti nel campo dell’alpinismo. “La sicurezza che pretende di garantire l’amministrazione è spesso un’illusione,” afferma, evidenziando la contraddizione tra una burocrazia che nega l’accesso e alpinisti esperti disposti a gestire i rischi.
La frustrazione di Martín-Carbajal si fa ancora più evidente se si considera la possibilità di accesso negato a esperti. Secondo lui, le misure di sicurezza non dovrebbero limitare l’abilità e l’esperienza di chi conosce il contesto montano e sa come affrontare situazioni avverse. La questione di come gestire i percorsi montani diventa critica: “La regolamentazione deve puntare alla conservazione, non deve derivare dalla paura.”
Sicurezza e cultura del timore: un equilibrio problematico
L’alpinista sottolinea che la cultura della paura sta diventando sempre più prevalente in luoghi come Tenerife, dove i sentieri, le spiagge e ora il Teide stesso vengono chiusi a causa di presunti pericoli. Queste chiusure sembrano giustificate da proposte di sicurezza, ma, secondo Martín-Carbajal, in realtà ostacolano l’essenza dell’alpinismo. La sua idea di un modello più sostenibile può essere vista nel sistema di accesso tecnologicamente controllato del Pico, nelle Azzorre, che permette di proteggere l’ambiente pur garantendo la libertà d’accesso.
Conclude affermando che l’alpinismo è riconosciuto come patrimonio immateriale dell’umanità dall’Unesco e quindi, la sua preservazione non dovrebbe essere sacrificata sull’altare del controllo e della burocrazia. La vera sfida è quella di promuovere un’esperienza montanara che rispetti la sicurezza senza privare gli alpinisti della loro libertà di movimento.
Critiche al Cabildo e l’appello per un accesso più flessibile
Un altro alpinista, Juan Carlos Zamora, ha anch’egli espresso un forte dissenso nei confronti delle misure del Cabildo. Egli ha descritto la chiusura come una forma di “sequestro” della libertà dei canari sulla loro terra. Zamora denuncia la discrezionalità con cui le autorità locali gestiscono l’accesso al Teide, facendo notare che situazioni passate, come l’invito di un influencer a scalare la montagna, dimostrano una gestione incoerente del rischio.
L’alpinista critica la comunicazione che il Cabildo invia alla popolazione: “Si percepisce un messaggio di impunità, dove tutti possono consentire il proprio accesso senza rispettare regole.” Questo comportamento ha portato un anno dopo a situazioni problematiche in cui escursionisti mal equipaggiati si sono trovati in difficoltà, dimostrando come le misure di sicurezza brandite come giustificazione possono rivelarsi inefficaci.
La giustificazione delle chiusure da parte del Cabildo
Il Cabildo di Tenerife, in risposta alle varie critiche, ha sostenuto che la decisione di chiudere i sentieri tra le 16:00 e le 9:00 è stata presa in seguito a interventi di soccorso in cui oltre cento persone erano state recuperate. Secondo l’ente, la massima priorità è garantire la sicurezza dei visitatori, ma questa posizione ha portato a ulteriori richieste da parte di gruppi professionali e montanieri federati che chiedono eccezioni per le loro attività.
Questa situazione ha aperto un dibattito continuo tra sostenitori dell’intervento governativo e coloro che desiderano un ritorno a un’esperienza montanara più autentica. Per molti, il Teide rappresenta più di una semplice meta turistica; è un simbolo potente della connessione tra uomo e natura, un ardente richiamo alla scoperta e all’avventura.