Un imprenditore assolto a Tenerife dall’accusa di simulazione di furto e di truffa all’assicurazione: lo ha stabilito il Juzgado de lo Penal número 3 di Santa Cruz de Tenerife, che ha chiuso il caso con una sentenza assolutoria. La compagnia assicurativa e la Procura chiedevano due anni e otto mesi di carcere e un risarcimento di circa 27.000 euro, mentre la difesa sosteneva che «il furto è stato reale e la transazione commerciale dei capi è stata effettuata in modo legittimo».
Le accuse e la posizione della difesa
Secondo l’atto d’accusa, l’imprenditore del sud dell’isola avrebbe inscenato un furto nel suo negozio di Adeje per ottenere l’indennizzo assicurativo di 27.076,41 euro. La Procura e l’assicurazione sollecitavano una condanna a due anni e otto mesi di reclusione e il pagamento della responsabilità civile, quantificata in circa 27.000 euro.
La difesa, guidata dall’avvocato Antonio Naranjo, ha chiesto la libera assoluzione, sostenendo la veridicità dei fatti denunciati e la regolarità dell’acquisto della merce. Come spiegato in aula, «il furto è stato reale e la transazione commerciale dei capi è stata effettuata in modo legittimo».
Il procedimento giudiziario a Santa Cruz de Tenerife
La giudice del Juzgado de lo Penal número 3 ha concluso che non vi sono prove sufficienti per ritenere che l’imprenditore abbia inventato il furto con l’intento di defraudare la propria assicurazione. Di conseguenza, ha pronunciato una sentenza assolutoria.
Il provvedimento risponde a una denuncia presentata nel 2021 da una compagnia assicurativa presso il Juzgado de Instrucción número 4 di Arona. Il fallo è impugnabile davanti all’Audiencia Provincial, come previsto dall’ordinamento.
La denuncia del furto e gli elementi della polizia
A metà novembre 2021, l’imprenditore si rivolse alla Policía Nacional per denunciare il furto di un ingente quantitativo di capi di una nota marca dal suo esercizio commerciale ad Adeje, per un valore di 27.076,41 euro. Successivamente, avanzò la richiesta di indennizzo alla compagnia.
Il verbale e l’atto dell’ispezione oculare effettuata nel negozio constatarono che la porta sul retro era stata forzata, così come accaduto ad altri locali adiacenti. Un aspetto rilevante è che questo elemento inizialmente corroborava la versione del commerciante.
L’indagine privata e la “chiamata anonima”
D’altro canto, dopo una «chiamata anonima» che sosteneva fosse un furto simulato e che la fattura presentata fosse falsa, l’assicurazione avviò un’indagine privata e formulò un’accusa per presunto fraude. Secondo tale tesi, l’imprenditore non avrebbe nemmeno acquistato i capi poi dichiarati rubati.
La sentenza evidenzia che il report dell’agenzia privata incaricata dall’assicurazione si fondava esclusivamente sulle dichiarazioni degli amministratori della società fornitrice e sulla «misteriosa chiamata anonima» ricevuta, che indicava un presunto tentativo di truffa.
Le testimonianze chiave in aula
Durante il dibattimento, diverse deposizioni hanno indebolito le ipotesi accusatorie. In particolare, un socio e amministratore della società che vendette la merce all’imprenditore ha confermato la vendita, l’emissione della fattura e il pagamento in contanti di circa 27.000 euro.
Lo stesso testimone ha riconosciuto che, sebbene la società fosse quasi inattiva in quel periodo, stava liquidando gli attivi per recuperare crediti dai soci. «L’imputato era mio cliente da anni e la vendita è stata totalmente reale», ha dichiarato davanti alla magistrata.
Un altro socio di quella società ha aggiunto che l’azienda risultava inattiva dal 2014, ma ha ammesso che l’altro amministratore avrebbe potuto realizzare operazioni commerciali in maniera occasionale. Successivamente, ciò ha indebolito il fulcro dell’accusa.
La valutazione della giudice sulla fondatezza degli indizi
Riguardo alla «chiamata anonima», la giudice ritiene «singolare» che l’informatore conoscesse così tanti dettagli del caso, ma si sia rifiutato di fornire qualsiasi documentazione a supporto. A suo avviso, «la telefonata sembra obbedire piuttosto a una sorta di vendetta personale dell’interlocutore o nei confronti di uno dei soci della società o dell’imputato».
La prova raccolta in giudizio non ha dimostrato con certezza né che il furto fosse inventato né che la fattura fosse falsa. Al contrario, le dichiarazioni dell’imputato e dei testimoni, unite al verbale di polizia che attestò la porta forzata del negozio, rafforzavano la possibilità che il reato denunciato si fosse realmente verificato.
Motivi dell’assoluzione e prossimi passi
Il tribunale sottolinea che, pur in presenza di circostanze che avevano suscitato sospetti iniziali, non è possibile condannare una persona basandosi su mere congetture o su informazioni prive di adeguato riscontro probatorio. Inoltre, il procedimento penale a Santa Cruz de Tenerife ha evidenziato lacune investigative nella ricostruzione alternativa proposta dall’assicurazione.
L’imprenditore assolto a Tenerife esce così scagionato dalle accuse di simulazione di furto e truffa all’assicurazione, mentre resta aperta la facoltà per le parti accusatrici di proporre appello davanti all’Audiencia Provincial.