A Santa Cruz de Tenerife, il Tribunale penale numero due ha condannato un uomo per un reato continuato di calunnia con pubblicità sui social network. Le sue pubblicazioni su Facebook prendevano di mira un agente della Polizia Locale di Adeje, istruttore di tre verbali sull’incidente mortale in cui perse la vita il figlio minorenne, investito a La Caleta de Adeje nell’estate del 2023. Le accuse online sono esplose dopo l’archiviazione del procedimento disposta dal tribunale d’istruzione numero uno di Arona.
Sentenza e sanzioni economiche
La decisione del Tribunale penale numero due di Santa Cruz de Tenerife impone al padre del minore una multa di sei euro al giorno per 18 mesi, pari a 3.240 euro, e il pagamento di 5.000 euro a titolo di risarcimento per i danni cagionati all’agente. In totale, 8.240 euro.
Dalle proteste online all’azione penale
In dissenso con la chiusura delle indagini sull’incidente, l’uomo ritenne responsabili dell’archiviazione tutti gli agenti coinvolti nei verbali e, in particolare, il poliziotto che ne fu l’istruttore. Di conseguenza, intensificò le sue denunce pubbliche in rete, alimentando per mesi una campagna di calunnia e diffamazione online.
I post su Facebook e le accuse
Difeso dall’avvocato Avelino Míguez, l’imputato condivise sui social immagini dei profili dell’agente e fotografie di veicoli di sua proprietà, attribuendogli un presunto reato di falsità documentale e, persino, una presunta corruzione. Secondo le prove presentate in giudizio, arrivò ad affermare che il poliziotto avesse ricevuto denaro dalla famiglia del conducente che investì suo figlio per modificare il contenuto e il senso dei verbali.
Non comprendendo come potesse essere stata chiusa l’indagine sull’incidente stradale, pubblicò fotografie delle auto del poliziotto con commenti del tipo: «L’auto di (…) prima di concludere il verbale di Patrick, e l’auto di (…) dopo il verbale». Tali messaggi alludevano a un presunto pagamento volto a far naufragare gli accertamenti sull’investimento.
In altri post scrisse: «Verbale falsificato, presunti corrotti; sono scomparse delle prove», «manipolano prove per proteggere il presunto assassino di Patrick» e «nella stazione della Polizia Locale di Adeje lavorano gli agenti che hanno manipolato il verbale».
Le versioni in aula
L’imputato ha riconosciuto di essere l’autore di alcune pubblicazioni, sostenendo però che altre sarebbero state scritte dalla moglie e dall’altro figlio. In udienza ha ribadito che «è arrabbiato con il verbale, non con il denunciante» e che «le pubblicazioni non erano rivolte a lui, che non accusa di aver falsificato il verbale».
Ha inoltre affermato che i suoi post erano «coperte dalla sua libertà di espressione e informava di errori in un verbale con cui non era d’accordo». L’agente denunciò invece che tali contenuti «evidenziavano l’intento di ingiuriarlo e di attribuirgli falsamente reati in qualità di istruttore del verbale».
Prossimi passi giudiziari
Fonti giuridiche hanno anticipato che la sentenza sarà impugnata.
Il caso ruota attorno all’impatto dei contenuti diffusi sui social contro un agente della Polizia Locale di Adeje dopo l’archiviazione di un incidente mortale a La Caleta. La condanna definisce l’entità economica delle sanzioni e chiarisce le posizioni contrapposte delle parti in merito ai limiti tra libertà di espressione e responsabilità penale per calunnia.