Isole Canarie

Condanna confermata per aggressione sessuale a Güímar: la sentenza del TSJC

Il Tribunale Superiore delle Canarie conferma la condanna a 18 anni per un uomo accusato di aggressione sessuale e lesioni, con risarcimento di 50.000 euro alla vittima.

La cronaca giudiziaria delle Canarie si arricchisce di un importante verdetto emesso dalla Sala di Giustizia Penale del Tribunale Superiore di Giustizia delle Canarie . Il tribunale ha respinto il ricorso di un uomo condannato a 18 anni di carcere per aggressione sessuale e per lesioni a una donna. La questione si sviluppa in un contesto complesso di dinamiche relazionali e accadimenti tragici, culminando in un importo di risarcimento di 50.000 euro a favore della vittima, oltre alla copertura delle spese mediche.

Condanna confermata per aggressione sessuale a Güímar: la sentenza del TSJC

La dinamica dell’aggressione

Secondo quanto riportato dalla sentenza dell’Audiencia di Santa Cruz de Tenerife, ora supportata dal TSJC, il condannato ha incontrato la vittima tramite la sua compagna. A seguito di una problematica vissuta dalla donna in un’appartamento condiviso, l’imputato ha proposto di trasferirla in una capanna priva di elettricità e acqua, situata in un burrone a Güímar, promettendo di aiutarla a sistemarla. Dopo un periodo di convivenza, una furiosa discussione è scoppiata fra i due, innescata da un problema di accesso alla strada a causa di forti piogge. Qui, la donna ha chiesto la restituzione di 50 euro che l’uomo le aveva anticipato per l’acquisto di acqua.

A questo punto, la vittima ha cominciato a sentirsi minacciata dal comportamento aggressivo dell’inquisito, tanto da comunicarlo alla propria partner, provocando ulteriori conflitti. Nel mese di ottobre del 2022, la donna ha sporto denuncia accusando l’imputato di essere entrato nella sua abitazione, di averla colpita con un sasso, tentato di strangolarla e di averla violentata, prima di chiedere scusa e offrirsi di assisterla per la guarigione delle ferite.

Le argomentazioni della difesa

Per cercare di dimostrare l’innocenza del suo assistito, la difesa ha sostenuto che la condanna fosse infondata, poiché emessa in assenza di prove concrete, specialmente per quanto riguarda l’aggravante della premeditazione, mantenendo che si riconosceva un solo attenuante, quello del risarcimento del danno, avendo versato 15.000 euro prima del processo, ma contestando gli importi riferiti.

Gli avvocati del condannato hanno contestato la mancanza di tracce di sangue sulle pareti e l’assenza del sasso presunto utilizzato nell’aggressione. Inoltre, hanno fatto notare che non era stato trovato alcun DNA della vittima sul corpo della denunciante. Hanno anche messo in dubbio l’assenza di una richiesta d’aiuto tramite il telefono cellulare della donna durante l’incidente e la presenza di un’infermità alla mano dell’imputato che avrebbe reso impossibile l’aggressione.

La difesa ha messo in discussione anche la validità delle dichiarazioni spontanee fornite alla Guardia Civile, affermando che queste non possono comunque considerarsi prove valide. Nella propria arringa, si è fatto riferimento a possibili contraddizioni evidenti nelle affermazioni della vittima, come l’identificazione del luogo in cui era posizionato il materasso al momento dell’incidente, oltre alla mancanza di un documento che attestasse l’evoluzione delle sue lesioni.

La risposta del TSJC

Di fronte alle eccezioni avanzate dalla difesa, il TSJC ha ritenuto che tali argomentazioni non fossero sufficientemente robuste da annullare la condanna. Ha sottolineato che le prove presentate sono state considerate adeguate per confermare la decisione originale, sostenendo l’affidabilità delle dichiarazioni della vittima e dei rapporti medici elaborati nei giorni successivi agli eventi, coerenti con il racconto della donna.

Il TSJC ha inoltre evidenziato che non ci sono prove a supporto dell’idea che le ferite siano state inflitte dalla donna stessa a causa di una caduta dal tetto, come sostenuto dall’accusato. La sentenza finale rimane quindi ferma nel suo giudizio, esigendo che l’imputato sconti la pena e assuma i costi delle spese mediche della vittima, oltre al risarcimento stabilito.