La recente inchiesta sull’acquisto di mascherine da parte del Servizio Canario di Salute continua a suscitare un acceso dibattito pubblico e politico. Maria Ortega e Maria José Caballero, alte funzionarie del servizio doganale in funzione durante la pandemia, hanno scelto di esercitare il loro diritto a non rilasciare dichiarazioni davanti alla commissione parlamentare che sta indagando su questo caso controverso. La questione centrale è il pagamento di 4 milioni di euro per un milione di mascherine che, secondo le ultime notizie, non sarebbero mai arrivate.
Il diritto al silenzio e il segreto professionale
Durante l’audizione che si è tenuta lunedì, Ortega e Caballero hanno giustificato la loro scelta di non testimoniare richiamandosi a un parere giuridico dell’Agenzia Tributaria, che sottolinea l’importanza del segreto professionale relativo ai dati sensibili di cui sono in possesso. Questo aspetto ha suscitato diverse reazioni all’interno del parlamento, in particolare da parte di alcuni membri, come Fernando Enseñat del Partito Popolare e José Alberto Díaz Estébanez di Coalizione Canaria, i quali non hanno escluso l’ipotesi che le mascherine potrebbero essere state distrutte, anche se questo non è stato confermato dalle due funzionarie.
Nonostante l’opacità sul destino finale delle mascherine, Ortega e Caballero hanno fornito alcune informazioni generali riguardo le procedure doganali per il trattenimento di materiali che possano risultare sospetti. In particolare, hanno spiegato i protocolli standard ai quali sono sottoposti i carichi non conformi, come nel caso di merce potenzialmente falsificata o priva dei necessari permessi sanitari. Qualora venga accertata la falsificazione, il servizio doganale ha l’obbligo di informare sia l’importatore che il titolare dei diritti sul marchio, incaricando quest’ultimo della distruzione del materiale, un processo che deve essere supervisionato dall’Agenzia Doganale stessa.
Pressioni e reexport
Maria Ortega ha anche accennato al fatto che, in casi eccezionali, il materiale bloccato potrebbe essere reexportato al di fuori dell’Unione Europea se tutte le parti coinvolte dovessero convenire in tal senso. Durante il suo intervento, ha rivelato che durante la pandemia, le dogane avevano ricevuto direttive per accelerare il processo di smistamento del materiale sanitario. Questa situazione ha creato una notevole pressione sia sul personale doganale che sugli operatori, spinti a garantire che le forniture arrivassero in tempo. Tuttavia, Ortega ha precisato che la pressione subita era principalmente dovuta agli operatori logistici e al contesto emergenziale in cui si trovavano.
La vicenda di Maria Ortega e le indagini sulla salute pubblica
José Alberto Díaz Estébanez ha suggerito che potrebbero esserci state pressioni da parte del Servizio Canario di Salute per liberare il carico di mascherine, richiamando documenti estratti dal fascicolo dell’inchiesta. Ha messo in evidenza come il trasferimento di Maria Ortega ad un altro incarico in Andalusia coincidesse con l’apertura delle indagini da parte della Procura Anticorruzione nel 2022, un periodo in cui anche Ana María Pérez, allora direttrice generale delle Risorse Economiche di Sanità, si dimise, evidenziando l’importanza del suo ruolo nell’inchiesta.
Dalla parte del PSOE, Nira Fierro ha difeso il sistema di controlli delle dogane definendolo “garantista”, mentre Marco Hernández ha sollevato preoccupazioni riguardo l’incertezza e l’inciviltà della situazione cui sono costrette le due funzionarie. Questo caso continua a generare interrogativi e tensioni all’interno del governo delle Canarie, mentre i cittadini attendono risposte chiare e trasparenti riguardo alla gestione delle forniture sanitarie durante la pandemia.